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Recensione
S’intitola così l’ultima raccolta di racconti di Anna Felder, Edizioni Opera Nuova. Qui, Lì, Liquida sono i tre “capitoli” del centinaio di pagine che conta il libro e che a loro volta contano, rispettivamente, 11, 6 e 10 testi, in parte inediti, in parte già pubblicati su periodici e riviste, «ma solo ora, per la prima volta, raccolti» ci spiega l’autrice, raccolti in “una complessa liquidità” (così si legge nella sua “quasi-posfazione"). Ventisette gocce e altrettanti distillati di storie.
Il racconto più breve - “Cenere”, meno di una pagina - descrive con raffinata attenzione ai dettagli la fine di una conferenza, segnata per l’appunto dalla cenere delle sigarette fumate dai due conferenzieri, che finisce - liquida - in fondo alla bottiglia dell’acqua.
Tra i più lunghi, invece, nella prima parte, c’è “Troppo”, un dialogo di gesti, parole e pensieri, tra il tacito e l’esplicito, della coppia Mirta e Luigi in un giorno di sole e di pioggia. “Tra dove piove e non piove” - lo ricordiamo - è il romanzo d'esordio di Anna Felder, scritto in pochi mesi nel 1970 e uscito subito in traduzione tedesca; venne pubblicato in versione originale solo nel 1972 per le edizioni Pedrazzini e poi, ormai introvabile, ripubblicato nel 2015 da Dadò; vi si ritrovano le difficoltà degli immigrati italiani nella Svizzera tedesca ai tempi dell’iniziativa Schwarzenbach. Nel frattempo, va pure detto, ad Anna Felder sono stati conferiti ben tre premi Schiller. Ma torniamo alle sue più attuali liquidità.
Liquidità da intendersi anche in senso pecuniario come, ad esempio in “I debiti miei”. Il racconto riporta con sottile ironia dell’incontro casuale, avvenuto nei bagni al termine di una sua lettura pubblica, tra l’autrice e una ‘primadonna’ che, dopo averla ascoltata, le riferisce spontaneamente cos’ha inteso, travisando in realtà completamente la vicenda letta. Scherzi d’interpretazione.
O scherzi dei contesti, come in “Serenata per le madri”, dove una sera sotto la pergola una donna confida a un’altra i suoi dolori e nel mentre, dal giardino accanto, scoppia il pianto di due bambinetti: “I due fratellini, ma strillavano per dieci, per cento bambini in pigiama come loro, scalzi, sudati, accesi: che strepitano per rimanere svegli, dilaniano l’orso sbavato, calpestano l’erba per sparare in aria, no ai comandi, no ai divieti: per vincere, stracciare la stanchezza, strangolare la nanna; per rimanere in piedi, salvare l’orso, rimanere vivi nella notte: gridano esausti, furibondi di non saper più smettere, fuggono dal sonno, dalla mamma, dalla veglia, piangono stonati, sfasciati, indiavolati; ad ogni ripresa più in alto, più assenti, più assoluti, per cento e cento altri bambini”.
Sa scherzare sapientemente pure con la lingua, Anna Felder, come nel finale di “Casco cortese”: “Così mi avvio alla svelta volgendo le spalle alle vele, come fossi già un’auto o una moto in corsa anch’io, sfrecciata, radarspiata, subito mischiata nel frastuono sfacciato del traffico”: è tutto un agitarsi di consonanti sibilanti.
Anna Felder, Liquida, 2014
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